“Paradisi Sommersi”
- Le cernie a candela -
Promosso istruttore, l’insediamento in una nota piscina dell’hinterland catanese, assieme a Fabio ed Enzo, fu immediato.
Il mio primo corso OWD” stava per iniziare e le gambe mi tremavano dall’emozione, mai mi ero confrontato con una classe di allievi.
Sino ad allora mi ero allenato con lo specchio di casa mia, improvvisandomi insegnante.
In sede di presentazione del corso mi tuonarono in mente le parole del presidente della mia agenzia di certificazione “noi siamo stati buoni, adesso vi aspetta la dura realtà, i vostri allievi”.
Ed infatti, gli allievi si erano sbizzarriti con una caterva di domande talmente banali da rendere complicate persino le risposte.
Il corso si era concluso in maniera soddisfacente dopo circa un mese e, stremato, raccolgo il perentorio invito di Fabio: “... siamo tutti stanchi, andiamo a rilassarci ad Ustica con le cernie a candela … ”.
“A candela?” mi chiedo in silenzio.
Consapevole che sott’acqua con la candela accesa non era possibile accedere e che, comunque, le Cernie in tana non hanno candele, pensai che Fabio si stesse prendendo gioco di me.
Timoroso della magra figura in cui sarei potuto incorrere - qualora avessi chiesto delucidazioni- glissai sulle “candele” e feci riserva di comunicare l’eventuale adesione.
Ustica, in passato, era stata nei miei pensieri, non per la fama di paradiso subacqueo, bensì per il disastro aereo che negli anni ottanta l’aveva vista protagonista: un Boeing 787 della compagnia Itavia si era misteriosamente inabissato nei fondali al largo Punta Raisi.
Sull’apocalittico e misterioso scenario mi ero documentato grazie anche a “Il quinto scenario”, un libro-romanzo di Claudio Gatti che avevo letto tutto d’un fiato.
Il contenuto dei fatti potenzialmente realistici mi aveva molto incuriosito, ragion per cui promisi a me stesso che, appena possibile, avrei raggiunto l’Isola di cui tanto i media parlavano.
L’invito di Fabio, ovviamente, cadeva a fagiolo.
Nei parlai in famiglia e nei giorni successivi confermai l’adesione a quello scampolo d’assenza, anche per mia moglie e mia figlia Chiara, di appena quattro anni.
Il gruppo, venti persone perlopiù subacquei, era composto da soggetti tutti di mia conoscenza e l’idea di immergermi con loro mi entusiasmava oltremodo.
La questione della “candele” invece mi affliggeva.
Dizionari enciclopedici ed vecchi libri di Mare consultati non riportavano niente di simile “… Bah, vaffa…, le candele e le cernie, a suo tempo si vedrà”.
Partiti da Palermo a bordo di una nave carretta, dopo circa 4 ore di navigazione, Ustica, si materializzata all’orizzonte.
Sbarcati e riposti i bagagli nello spartano albergo a tre stelle raggiungiamo Salvatore, il responsabile di uno dei più prestigiosi diving center dell’isola.
Alla ricezione esterno la prorompente voglia di entrare in acqua, e Salvatore mi risponde “ti porto allo Scoglio del Medico a vedere le cernie… a candela”.
“Anche questo con le cernie a candela”.
Quello che prima era un dubbio sembrava essere certezza: Fabio in accordo con Salvatore stavano tramando uno scherzo nei miei confronti.
Caricati gli equipaggiamenti a bordo dell’attrezzata motobarca, facciamo rotta verso lo “Scoglio del Medico”, uno sito distante poche centinaia di metri dalla costa.
Si narra che un medico era solito recarsi in quello scoglio per svolgere i suoi studi in serenità.
Concluso il rigoroso briefing, i rumorosi motori del “Profondo Blu” si spengono e l’ancora prende fondo.
Con il c.d. “passo da gigante” sono tra i primi a saltare dalla barca.
Sono un pò teso, da tanto aspetto questo momento, ma appena immergo il viso sotto il pelo dell’acqua uno stato di grazia mi rapisce.
L’acqua sembrava non esserci, nitide immagini provenienti da oltre trenta metri di profondità mi raggiungono quasi ad accecarmi.
La rigogliosa vegetazione dai copiosi colori mi lascia sedotto, Sparidi a mezz’acqua e Carangidi oltremisura fluttuano indisturbati in quella sorta di Paradiso Sommerso.
Intanto raggiungiamo i 20 metri di profondità.
Il silenzio paradisiaco è presto spezzato dal segnale acustico della nostra guida che via via ci invitava a non staccare gli occhi dalla direzione indicata.
Raggiunto l’inizio di una scarpata a circa 40 metri di profondità ci soffermiamo in una ampia distesa di Posidonie.
Ancora una volta la nostra guida ci richiama all’attenzione e ci invitava a muoverci più lentamente, poi ci segnala di guardare oltre la scarpata.
In quel preciso istante, due enormi Serranidi entrano in quella che sembrava la scena di un documentario di Jack Cousteau.
Immobili e sospesi a mezz’acqua, i due esemplari di Cernia Bruna, ci stavano osservando dal basso verso l’alto, con un’inclinazione tale da farle sembrare ... candele!
Caspita, adesso tutto mi era più chiaro.
Per paura di spezzare quello che sembrava un incantesimo, rimango immobile ad osservare.
Le Cernie avanzano, mi raggiungono quasi incuriosite, le vedo sempre più grandi.
Per un attimo mi sento cacciatore e subito dopo preda.
L’aria diventata esigua e fronteggiata l’impetuosa corrente sottomarina, di lì a poco raggiungiamo la catena dell’ancora per la lunga de-saturazione dell’azoto accumulato.
Conclusa la decompressione ad uno ad uno guadagniamo la scaletta del “Profondo Blù” fino a calpestare il pagliolato.
In barca, seduto a prua, non riesco a trovare le forze di partecipare al de-briefing.
Sono ancora a quaranta metri con i padroni di quei meravigliosi fondali: le Cernie a candela.