Nel 212 a.C. i Romani assediavano Siracusa, allora alleata di Cartagine.
Archimede, grande matematico siracusano, inventa gli specchi ustori, capaci di incendiare a distanza le navi romane utilizzando il calore dei potentissimi raggi solari.
L’espediente ha successo e molte navi affondano, ma la città viene ugualmente saccheggiata ed occupata.
Un soldato romano, entrando in una casa per depredarla, credendola vuota, si imbatte in un uomo chino su un tavolo, immerso in calcoli complicati tanto da non accorgersi neppure della sua presenza: sguaina la spada e con estrema freddezza lo uccide.
Il “valoroso” soldato ignorava di aver privato l’umanità di uno dei più grandi geni di tutti i tempi, almeno, questo narra la leggenda e certamente qualche fondamento di verità c’è.
E’ logico che uno straordinario luminare come Archimede abbia cercato di collaborare con il servizio di difesa della sua città con l’invenzione di macchine belliche; se, poi, siano stati specchi ustori o altri diabolici marchingegni questo non potremo mai saperlo con certezza; possiamo sicuramente affermare che grazie ad Archimede, “Re del Galleggiamento”, oggi possiamo vivere il nostro Mare.