Negli ultimi tempi il Mare ha restituito importanti reperti di imbarcazioni e di altri relitti che di fatto hanno rappresentato non solo testimonianze di epoche passate ma anche tasselli fondamentali per la storia dell’umanità e dell’archeologia.
Molti di questi reperti sono costituiti da oggetti di grandi dimensioni, da navi e aerei (nell’era più moderna) ed ognuno di loro, oltre a rappresentare il tracciato di una storia antica, è caratterizzato da significative vicissitudini.
Infatti, le cause dell’affondamento erano spesso riconducibili a scontri con flotte nemiche, a collisioni con altre imbarcazioni nel corso della notte a causa della fitta nebbia o per altre avverse condizioni meteomarine e spesso accadeva che nessuno riusciva a raggiungere la terra per mettersi in salvo.
Al tempo le navi, realizzate esclusivamente in legno, fatta eccezione del sestante, erano prive di qualsiasi tipo di strumento utile alla navigazione in sicurezza e quindi non certo idonee ad affrontare i pericoli degli oceani.
Tra le tante navi che fanno parte di questi terribili scenari c’è sicuramente l’antico bastimento a vela Bon Jesus comandata dal capitano Francisco de Noronha e che parti da Lisbona il 7 marzo 1533 con a bordo circa 300 persone (equipaggio, sacerdoti, mercanti, nobili e schiavi).
Dichiarata dispersa nel 1532 e ritrovata nel 2008 sotto uno spesso strato di sabbia al largo delle acque dell’Africa sud occidentale i ricercatori hanno riportato alla luce un tesoro dal valore inestimabile.
Infatti, all’interno delle stive sono stati ritrovati monete e altri oggetti preziosi di cui è stato difficile quantificarne il valore proprio per la loro esclusività e peculiarità di realizzazione.
Secondo le prime indiscrezione la caracca nel corso della navigazione verso l’India sarebbe affondata nel momento in cui nel tentativo di trovare riparo nella baia del Skelenton Coast ebbe a collidere con uno scoglio affiorante.
L’affondamento lungo la costa del Namibia fu immediato e nessuno riuscì a salvarsi